Un viaggio tra i borghi medievali di Parma che custodiscono maestosi castelli
Ma quali sono i più belli da visitare per un’esperienza indimenticabile?
Tra torri merlate e ponti levatoi inizia la nostra avventura alla scoperta di alcuni di questi suggestivi castelli che conservano ancora quell’atmosfera incantata di un tempo.
Le province di Parma e Piacenza, un tempo comprese all’interno di un Ducato, videro succedersi varie famiglie al potere.
Numerose dinastie nobili si sono susseguite in questi territori: i Farnese, i Pallavicino, i Visconti, i Meli Lupi, i Gonzaga, i Rossi, i Sanvitale, gli Sforza, i Landi e i Malaspina, solo per citarne alcuni.
Il segno indelebile più visibile del loro passaggio, attraverso la storia locale e nazionale, sono i numerosi castelli e fortificazioni che l’area ospita tutt’oggi, a testimonianza dei grandi splendori del passato.
In provincia di Parma, si contano ben 13 castelli:
- La Fortezza di Bardi
- La Reggia di Colorno
- Il Castello di Compiano
- La Rocca Sanvitale di Fontanellato
- Il Castello di Torrechiara
- Il Castello di Montechiarugolo
- L’Antica Corte Pallavicina
- Il Castello di Roccabianca
- La Rocca di Sala Baganza
- La Rocca dei Rossi di San Secondo
- La Rocca Meli Lupi di Soragna
- Il Castello di Scipione dei Marchesi Pallavicino
- Il Castello di Varano De’ Melegari
Il castello di Torrechiara
Visitando il Castello di Torrechiara sembra di rivivere una vera e propria fiaba d’amore.
Proprio questo castello fece da scenario per la storia d’amore tra Pier Maria Rossi e l’amata Bianca Pellegrini e tutto parla della loro passione in stile epico-cavalleresco: dalla Camera d’Oro, attribuita a Benedetto Bembo, alla stanza nuziale.
Il castello è stato eretto con una funzione difensiva, come dimostrano le tre cerchia di mura e le quattro torri angolari, la destinazione residenziale provata dalla ricchezza degli affreschi a ‘grottesche’ di Cesare Baglione.
La Rocca d’origine quattrocentesca, costellata dalle numerose torri che le donano quell’eleganza d’altri tempi, affascinò pure scrittori e registi: fu set del celebre film Ladyhawke.
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Il nome del castello -Torrechiara- deriva da “torchio”. Nel cuore di questa valle, infatti, si producono pregiati vini ed oli sin dal Medioevo.
In pochi sanno che il Castello fu posto sotto la protezione della Madonna, per volere di Pier Maria Rossi devoto alla Vergine.
Oggi di proprietà dello Stato è tra gli esempi più significativi dell’architettura castellare italiana. Da notare all’interno la ricchezza degli affreschi a ‘grottesche’ di Cesare Baglione.
Il Castello Montechiarugolo
Il Castello di Montechiarugolo si erge su un terrazzo naturale che scende a strapiombo sulla riva sinistra del torrente Enza: una posizione strategica quindi poiché di confine tra il territorio parmense ed il territorio reggiano.
Fu costruito per volere del condottiero Guido Torelli nel XV secolo sui resti di un pre-esistente insediamento e il borgo si sviluppò tutt’attorno a questo incantevole castello.
Il periodo di massimo splendore del forte fu quando Pomponio Torelli, insigne umanista e nipote di Pico della Mirandola, lo rese la meta di un’eletta cerchia di artisti ed ospiti illustri, tra i quali Papa
Paolo III e il re di Francia Francesco I.
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Alla storia del Castello si riconduce anche la sfortunata vicenda della Fata Bema, la cui leggenda narra che il suo fantasma si manifesti tra le mura del castello il 19 maggio di ogni anno.
In contrasto con l’imponente e massiccia struttura esterna, concepita con mura merlate e un ponte levatoio, l’interno dell’edificio accoglie un ricco arredamento rinascimentale: luminosi affreschi, tele colorate e suggestivi giardini fioriti. Assolutamente imperdibile la vista da sopra loggiato da cui si apre il panorama su tutto il parco dell’Enza.
Lo sapevi che…
Montechiarugolo si trova lungo la Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli (una delle tre “strade” dei sapori promosse dalla Regione Emilia Romagna) e rientra anche nell’area di produzione del Prosciutto di Parma DOP.
Inoltre è rinomato per la produzione di pomodori da conserva; proprio qui infatti si trova la sede dell’industria conserviera MUTTI SPA, di storica tradizione e famosa in tutto il mondo per le sue conserve di pomodoro.
La Reggia di Colorno
La terza tappa da visitare non è un castello, ma una reggia risalente al Settecento e merita di un’attenzione particolare.
In pochi, infatti, sanno che la Reggia di Colorno sia considerata la ”Versailles italiana”!
La Reggia di Colorno fu costruita agli inizi del 18° secolo dal duca Francesco Farnese sui resti di una precedente rocca medievale.
Il palazzo divenne poi dimora prediletta di Filippo di Borbone e della moglie Louise Elisabeth, che lo rinnovò sulla falsa riga di Versailles ( ci fu in quest’epoca l’aggiunta dello scalone esterno), e successivamente venne abitata dalla seconda moglie di Napoleone, Maria Luigia d’Austria, la “buona duchessa”, alla quale si deve il cambiamento dell’ampio giardino alla francese in un romantico giardino all’inglese.
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Il palazzo è composto da oltre 400 sale, con pavimenti in marmo rosa e soffitti affrescati, che proprio ricordano l’elegante stile francese durante il regno napoleonico.
Il percorso guidato prevede la visita al piano nobile, all’appartamento del Duca Ferdinando di Borbone e alla Cappella Ducale di San Liborio.
Il Giardino Storico è invece aperto tutto l’anno durante il giorno, con ingresso gratuito.
E tra le mura della Reggia ha sede ALMA La Scuola Internazionale di Cucina Italiana che propone corsi di alta formazione nel cuore della Food Valley e vicina a Parma che nel 2015 è stata riconosciuta come Città Creativa della Gastronomia UNESCO.
Lo sapevi che…
Appassionatissima di botanica, la Duchessa Maria Luigia era letteralmente innamorata delle violette di Parma, delle quali faceva riprodurre il disegno sui suoi abiti e in oggetti di uso quotidiano, come piatti o vettovaglie.
Alla Reggia di Colorno, questa ossessione sfociò nella costruzione di un apposito orto botanico e nell’ordine dato ai frati di estrarre l’essenza del “leggiadro piccolo fiore” per crearne un profumo.
Immagine di copertina di @inemiliaromagna
A cura di Greta Monterosso