La tradizione-innovazione della birra artigianale trentina
La nascita del brassicolo trentino
“Trentino, l’unica regione che fa rima con vino”, così recitava un vecchio slogan della promozione turistica provinciale.
Ma si percepisce qualcosa di nuovo all’ombra delle Dolomiti, tra le pergole iniziano a spuntare luppolo e orzo.
Stiamo parlando del mondo brassicolo trentino, un mondo che non esisteva fino a pochi anni fa e che conta oggi 17 realtà che producono birre per tutti i gusti.
Se a livello nazionale gli anni “d’oro” della birra sono quelli a metà degli anni ’90, con la fondazione dei primi, pionieristici, birrifici e la legalizzazione delle produzioni domestiche che hanno permesso agli appassionati di sperimentare il piacere di farsi la birra in casa, a livello locale oggi, vent’anni dopo, la diffusione di piccole creazioni, spesso affiancate ad un’attività agricola o del mondo della ristorazione, è diventata capillare in ogni regione.
Sarà anche una moda, ma si tratta di una vera e propria esplosione di marchi ed etichette, con la conseguente introduzione di tipologie di birra poco conosciute nella Penisola, per esempio quelle di fattura inglese o americane, prodotte anche da molti birrifici trentini.
I luoghi della birra artigianale
Anche in Trentino le neonate realtà artigianali rappresentano pienamente il territorio: dalla Val Rendena al Lagorai, dalla piana Rotaliana agli Altipiani cimbri.
A Trento la birreria Pedavena è l’unica realtà a poter vantare una tradizione secolare, sebbene la produzione di birra, interrotta nel dopoguerra, sia stata ripresa ad inizio millennio. Il Birrificio Fiemme è stato invece il primo ad usare luppoli coltivati in Trentino, seguito poi dal Birrificio Maso Alto.
La produzione di luppolo è forse il prossimo passo per le realtà trentine: il clima sembra essere favorevole e chissà che un giorno accanto al mais di Storo ed agli ortaggi della Val di Gresta non possa comparire un luppolo trentino doc.
A cura della redazione