Alla ricerca dell’autentica ricetta del tortellino, come riconoscere l’originale?
Questo tipico piatto emiliano racchiude dentro la sua bontà una serie di racconti, più o meno probabili, che ne vogliono trovare un’origine.
Il tortellino è un piatto tipico della cucina emiliana che più rappresenta l’intera regione. Questo primo piatto di pasta fresca, infatti, si trova in tutte le tradizioni culinarie locali, sebbene subisca alcune variazioni spostandoci da una città all’altra.
L’origine del tortellino, si sa, è contesa tra Modena, Bologna e Castelfranco Emilia.
In realtà una cosa è certa: le origini del tortellino si confondono tra la storia e le tante leggende che raccontano come questo piatto sia diventato il simbolo di un’intera regione.
La locanda Corona a Castelfranco Emilia
La prima storia sul tortellino racconta che nella locanda Corona di Castelfranco dell’Emilia, allora sotto Bologna, giunse una splendida Marchesina.
Quando l’oste la accompagnò nella sua camera per riposare, il cuoco dell’osteria, attratto da tale bellezza, spiò la donna dalla serratura e rimase colpito dalla perfezione del suo ombelico.
Quando arrivò il momento di preparare la cena, l’abile chef creò, con sfoglia e ripieno di carne, una nuova prelibatezza, prendendo ispirazione proprio da quel nobile ombelico.
La secchia rapita di Alessandro Tassoni
Sempre nella locanda della Corona ha luogo un altro racconto, tratto però da un’opera letteraria, La secchia rapita di Alessandro Tassoni.
In questo poema, edito nel 1624, metteva in scena l’evidente rivalità tra Modena e Bologna che, al tempo, si scatenava anche semplicemente per il possesso di un banale secchio d’acqua.
Infatti quando i modenesi rubarono una secchia piena d’acqua, fu il principio di una guerra che coinvolse eroi, nobili e persino gli dèi dell’Olimpo.
Giuseppe Ceri, si ispirò proprio al poema del Tassoni per scrivere un poemetto a sua volta, che narrava della spedizione sulla terra da parte di tre divinità: Marte, Venere e Bacco.
L’oste della locanda Corona, alla vista della bellissima dea Venere, svestita che giaceva in un letto della sua pensione, non poté non dedicarle un piatto così prelibato e allo stesso raffinato come il tortellino.
La ricetta originale del 1974
Dal dopoguerra, si è diffusa l’usanza di condire il tortellino con la panna, scatenando il dissenso dei tradizionalisti: il vero tortellino è quello servito in brodo (noto già nel 1550, quando la “minestra dei torteleti” venne citata in un menù per i festeggiamenti del Senato bolognese).
Camminando per le strade delle città emiliane noterete che ogni negozio tipico di pane e pasta vende i suoi “tortellini della nonna”, rigorosamente fatti dalle sapienti mani della massaie emiliane, secondo la propria tradizione familiare; la vera ricetta fu però depositata il 7 dicembre 1974, dalla “Dotta Confraternita del Tortellino” presso la Camera di Commercio di Bologna.
La ricetta autentica prevede che il ripieno sia composto di lombo di maiale (marinato per 2 giorni con aglio, rosmarino, sale e pepe) da cuocere in tegame a fuoco lento con una noce di burro, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, parmigiano, 1 uovo, noce moscata (il tutto da tritare finemente).
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Leggermente diverso quello del tortellino modenese: lonza di maiale (da tagliare a cubetti e far saltare in una padella antiaderente per pochi minuti), prosciutto crudo di Modena, mortadella, parmigiano stravecchio, 1 o 2 uova, noce moscata grattugiata, pepe bianco e sale (il tutto da macinare finemente al tritacarne).
Per la sfoglia non c’è dubbio: preparata con farina di grano tenero (“00”) e uova di gallina molto fresche, deve essere lavorata a mano per almeno 15 minuti e poi lasciata riposare per un’ora avvolta in uno strofinaccio.
Qualunque sia la sua vera storia, il tortellino è conosciuto in tutto il mondo, basti pensare che nel 1904 i tortellini dei fratelli Bertagni furono esposti alla fiera di Los Angeles.
A cura di Greta Monterosso